Se la genesi della pizza è “patrimonio dell’umanità” e si perde nella culla delle civiltà mediterranee, è a Napoli e a Tramonti, in provincia di Salerno, che diventa il cibo più amato di sempre così come lo conosciamo oggi. Andiamo a scoprire i segreti della pizza più famosa al mondo e dove assaggiarla.
L’abitudine di consumare una forma di pane schiacciata in accompagnamento a varie pietanze è comune a tutti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo; nell’antica Grecia era la “pita”, poi divenuta “pinsa” a Roma, dal latino “pinsare”, ovvero tirare.
Se ancora oggi è oggetto di studio di come la parola “pinsa” sia divenuta “pizza”, la sua prima testimonianza scritta la troviamo nel contrato di locazione di un mulino a Gaeta nel 997. Ma al tempo la pizza era ancora molto diversa da come la intendiamo oggi.
In Napoli, where love is king. When boy meets girl, here’s what they say. When the moon hits your eye like a big pizza pie, that’s amore.
(Dean Martin, 1953)
Dobbiamo aspettare la scoperta delle Americhe nel XVI sec. perché giunga a noi uno dei suoi ingredienti fondamentali, il pomodoro, ed è solo alla fine del ‘700 che esso entra nelle cucine italiane proprio da Napoli, dove inizia la sua coltivazione per scopi alimentari.
All’epoca, però, la pizza è ancora considerata un cibo da strada da farcire in vari modi, che inizia ad essere apprezzato anche dalle classi sociali più elevate grazie alla moda del Gran Tour. La cronaca ci riporta tra i suoi estimatori anche Maria Carolina D’Asburgo, sorella di Maria Antonietta e moglie di Ferdinando di Borbone, re di Napoli, che fece persino costruire un forno a legna nella celebre Reggia di Capodimonte per prepararla.
E qui la nostra narrazione si intreccia con quella delle due principali scuole di pizzaioli campani, ovvero la pizza napoletana e quella di Tramonti, piccolo paese sulla costiera amalfitana, come ci racconta Carmine Porpora, leggendario maître dell’Hotel Santa Caterina Amalfi che ne sposa questa tradizione e dove, e più precisamente al suo Ristorante al Mare, consigliamo di assaggiarla in compagnia di una vista meravigliosa.
La storia di questa scuola di pizzaioli risale al Medioevo, quando nei forni rurali di Tramonti veniva preparato il pane biscottato per rifornire le navi della Repubblica Marinara di Amalfi (ed ecco svelato il segreto per il nome della pizza “marinara”). La zona era ricca di latterie, ragione per cui la pizza veniva spesso condita con un formaggio fresco simile al primo sale.
La pizza di Tramonti si distingue da quella napoletana in quanto viene cotta più lentamente e a temperature più basse, sui 300-350 gradi, dando vita ad una pasta più croccante fuori e morbida dentro rispetto a quella napoletana dal cornicione alto e soffice.
Con la caduta del Regno delle Due Sicilie prima e la tragedia delle due guerre mondiali poi, la condizione economica della Campania costrinse varie famiglie a cercare lavoro in altri paesi.
Curiosamente, saranno proprio i pizzaioli campani ad aprire agli inizi del ‘900 le prime pizzerie in America, molto prima quindi che questo format arrivasse nel Nord Italia.
Per questo dobbiamo aspettare il 1953 quando da Tramonti il celebre Luigi Giordano apre a Novara la prima pizzeria moderna del Nord Italia dopo aver aperto un caseificio, idea imprenditoriale nata in quanto nella regione la mozzarella fior di latte non era ancora un formaggio conosciuto, per ottimizzare la filiera.
La pizzeria ha talmente successo che presto molti altri pizzaioli lasciamo Tramonti per aprire business simili, tanto che gli storici sono concordi con il dire che si deve, quindi, a Tramonti il pregio di aver fatto conoscere la pizza in tutto il mondo.
Nel frattempo, oltre alla scuola di “Giordano”, la consuetudine di condire la pizza con mozzarella fior di latte e passata di pomodoro si consolida proprio dagli USA dove i pizzaioli avevano difficoltà a reperire il prodotto fresco e quindi preferiscono utilizzare pomodoro in scatola e formaggio filante, un gusto che si diffonderà anche in Italia grazie ai tanti soldati americani presenti nel nostro paese (insieme all’usanza di consumare la pizza seduti).
A questo punto, la pizza napoletana ha quasi assunto l’aspetto di come la conosciamo oggi. L’ultimo tassello giunge, ancora una volta, dagli Stati Uniti che nel Dopoguerra, grazie Piano Marshall, invia in Italia molti aiuti alimentari, tra cui il “grano americano” che consentirà di ottenere pani più leggeri e molto lievitati.
Ed eccola qui la pizza “classica” come la intendiamo oggi: rotonda, con la passata di pomodoro, la mozzarella fior di latte ed il cornicione alto e soffice. Perché si chiami Margherita – se dal nome della Regina o perché il formaggio veniva disposto a raggera – è ancora, invece, oggetto di diatriba.
E’ a Napoli che troviamo le vere e proprie leggende della pizza, i suoi “templi” sacri dove consigliamo di assaggiarla, tra cui la Pizzeria da Michele e Concettina ai Tre Santi, due esperienze diverse, sebben complementari.
La prima deve il suo nome a Michele Condurro, il capostipite della famiglia di pizzaioli che, dal 1870, oggi nella sua sede storica a Forcella aperta nel 1930, continua a sfornare pizze nel rispetto della tradizione voluta da Michele, solo nei gusti “Marinara” e “Margherita” senza l’aggiunta di “papocchie”. Qui non si può prenotare e fa parte dell’esperienza prendere il numerino e aspettare il proprio turno intrattenuti dal folklore locale e dalla simpatia del personale.
Concettina ai Tre Santi è, invece, un locale storico che ha saputo reinventare non solo il concetto di pizzeria, ma anche il quartiere stesso in cui si trova, il rione Sanità. Una favola che inizia nel 1951, quando la bisnonna di Ciro Oliva vendeva pizze fritte nei pressi dell’edicola chiamata appunto Tre Santi, e che oggi il giovane pizzaiolo ha reso glamour, attraverso una mise en place curatissima, un personale attento che ha trasformato in un rito anche l’aggiunta di basilico fresco al tavolo e una wine list importante, senza ovviamente venire meno alla qualità e cura con cui viene preparata ogni pizza (e si, prendono prenotazioni!).
Povera e nobile allo stesso tempo, generosa e colorata, semplice e geniale, la pizza è oggi metafora della stessa essenza di Napoli e del suo meraviglioso popolo.
Il segreto
C’è un segreto per non dover aspettare anche ore il proprio turno alla Pizzeria da Michele, ed è prendere il numero al cambio di turno dei pizzaioli, alle 16, unico modo per accomodarsi subito, magari proprio al celebre tavolo Maradona, dove il grande campione era solito sedersi, come testimonia un articolo di giornale incorniciato sulla parete.